C’era una volta il camionista, domani chissà.
La carenza di autisti è un nodo cruciale per la logistica globale.
Il mondo dei trasporti sta cambiando ma le tutele a supporto della categoria stanno andando di pari passo? Stando a quanto traspare dagli animi dei protagonisti di questo settore sembrerebbe di no.
Lo si comprende dalla cronaca delle ultime settimane, che vede gli autisti europei incrociare le braccia per ottenere salari e condizioni più consone alla professione.
Lo si legge nella frustrazione di centinaia di commenti a queste notizie, che si rincorrono alla ricerca della verità vera. Nel desiderio di un riscatto che ormai sembra piegarsi a una logica del lavoro non più in grado di contemplare i diritti fra le sue priorità.
La categoria è sicuramente divisa. Tra chi sciopera e chi no, tra chi riesce ad ottenere dalle società di autotrasporto un trattamento consono alle proprie aspettative e chi invece deve accontentarsi. Tra chi sostiene che non ci sia unità nella categoria e chi continua ad incitare i propri colleghi allo sciopero perché si sa, l’unione dovrebbe fare la forza.
Nel frattempo, il numero di autisti che trovano nell’autotrasporto la loro dimensione lavorativa, continua a decrescere. Ma come si è arrivati a questa situazione?
Gli autisti del trasporto pesante chiedono tutele
In cima alle richieste e al malcontento del settore fa capolino il trattamento economico. Un tasto dolente su cui si accendono gli animi delle proteste. Che va ad aggiungersi alle presunte mancanze dei sindacati e al poco rispetto dei termini contrattuali. Non piacciono i continui rincari alla pompa e non piace l’immobilità del Governo.
Le ragioni della crisi del settore sono molteplici e senza rischiare di dare voce agli estremismi che dipingono una verità a metà, per molti la misura è colma da tempo.
La “grande fuga” degli autisti vede un riversarsi della forza lavoro su altri settori. C’è chi sceglie la professione di carrellista, chi invece opta per il lavoro in magazzino, abbandonando la strada dopo decine di anni.
Le motivazioni sono più lecite. Stare di più con la famiglia, avere una vita più a misura delle proprie esigenze e aspettative, non rimetterci in salute.
La verità è che la crisi che sta vivendo l’autotrasporto ha radici più profonde. Ciò con cui sta facendo i conti il settore oggi è anche la mancanza di un ricambio generazionale che, di fatto, non esiste. La decrescita demografica oggi sta pesando su questo settore come su diversi altri.
Nei soli Paesi europei mancherebbero all’appello almeno 380mila professionisti, quasi il 10% dei posti complessivi. E le previsioni vedono un aggravarsi della situazione anche per via dello scarso appeal che il settore ha su giovani e sulle donne.
Così, mentre in tanti abbandonano la professione di autista, qualcuno prova a tirare le somme e ipotizzare una soluzione: il trasporto su rotaia per le lunghe distanze e l’autotrasporto per le brevi.
Potrebbe essere percorribile come ipotesi, malgrado oggi le nostre infrastrutture siano deboli e carenti?