Autotrasporto carenza autisti

Il mondo dell’autotrasporto italiano ed europeo sta vivendo un momento di transizione cruciale. La carenza di autisti ormai sintomatica dell’intero comparto a livello globale, potrebbe presto avere ricadute importanti anche sulla domanda di nuovi veicoli.

Secondo un rapporto della Transport Intelligence, in Europa mancano all’appello circa 400 mila autisti; numeri più contenuti in Italia, malgrado la rigidità del ricambio generazionale potrebbe incidere di molto sui dati in un lasso di tempo piuttosto ridotto.
Le ultime stime italiane parlano di oltre 20mila camionisti da assumere e, stando agli esperti di settore, pare che la crisi riguardi tutti. Anche le aziende disposte ad offrire salari e condizioni di lavoro decorose.

La problematica però non è nativa di questi ultimi anni. Già nel 2017, quando la carenza sfiorava cifre sopra i duecentomila autisti, Unrae e Albo trasportatori erano coscienti della situazione. Allora, come oggi, si è cercato di porre rimedio con iniziative più o meno strutturate. Senza, di fatto, una soluzione definitiva.

Evitare un nuovo “schiavismo” col cambio generazionale e uscire dagli stereotipi

E’ innegabile che il lavoro dell’autotrasportatore è impegnativo e richiede un sacrificio importante. Ma sarebbe anche giusto comprendere come si sia trasformata questa professione negli ultimi anni e come stia cambiando. Non solo in termini di condizioni lavorative ma anche di livello tecnologico, culturale, formativo.

Gli autotrasportatori ogni giorno su strada incontrano parecchie criticità. La qualità della loro vita, il costo delle patenti e della carta di qualificazione del conducente sono problematiche che abbiamo affrontato tante volte.
E’ altrettanto vero però che il lavoro dell’autotrasportatore è cambiato e che questo mondo è ricco di stereotipi che non sempre appaiono così palesemente.

Non è un segreto che certe compagnie abbiano negli anni scorsi applicato condizioni inaccettabili per i propri autisti. Tornare a casa due volte al mese, pagare le multe o danni se si fa un incidente, stare tante ore sulla strada sono condizioni note a chi fa questo lavoro. E se un giovane capita oggi in un’azienda di questo tipo, difficilmente manterrà il suo posto di lavoro. Ma non bisogna generalizzare. Non tutte le aziende funzionano così e il rischio è cadere in stereotipi che difficilmente si riesce ad eliminare.

Quello che bisognerebbe evitare è un nuovo schiavismo, la manovalanza a basso costo estera. Bisognerebbe lavorare sui giovani disoccupati che magari oggi accetterebbero un lavoro sacrificante ma dignitoso. Oggi, salire su un mezzo è molto più confortevole di ieri. Il settore sta cambiando, i mezzi stanno cambiando.

Bisogna uscire dallo stereotipo del camionista in canottiera, dall’aria ignorante, che trasporta la merce da A a B. Questo mestiere oggi richiede un livello di scolarizzazione diverso. L’autista deve avere un’alfabetizzazione informatica: deve gestire i sistemi tecnologici, anche quelli che connettono il veicolo che guida all’azienda.

Si parla già di guida autonoma e non è difficile immaginare che il trasportatore possa diventare una persona che si occupa del back office, con un suo ufficio all’interno del veicolo. Una sorta di impiegato che guida.

Unrae: “La carenza di autisti potrebbe causare un calo della domanda di veicoli”

La carenza di autisti, oltre a pesare sull’autotrasporto, potrà alla lunga incidere anche sul business dei costruttori di veicoli.
Come sottolinea Unrae bisogna continua a fare uno sforzo importante in favore della formazione dei giovani, vista l’alta età media degli autisti italiani. Questa carenza potrebbe presto diventare un collo di bottiglia rilevante anche per la domanda di veicoli.

Non avendo autisti, infatti, le aziende potrebbero non essere portate all’acquisto. Un rischio che avrebbe delle conseguenze molto significative sull’intero sistema.
Un pericolo che si spera resti solo all’orizzonte.