Fa ancora scalpore la denuncia pubblicata qualche tempo fa sul Financial Times che ha messo in luce le evidenti difficoltà riscontrate dagli autisti di mezzi pesanti nel condurre una vita dignitosa e serena.
Si parla molto, e non solo di recente, di una sintomatica carenza di autisti nel mondo dell’autotrasporto. Una deficienza riscontrata anche in altri settori come la logistica.
Tra le ragioni di tale deficit si annoverano di frequente gli stipendi non adeguati, i contratti poco attraenti per chi, di fatto, ha scelto come lavoro, quello sulla strada.
L’autotrasporto davanti a un bivio storico
Com’è la vita dell’autista?
La vita dell’autotrasportatore non è certamente una passeggiata. Malgrado molte aziende siano oggi più di ieri impegnate nel rispetto dei tempi di guida e di riposo, forniscano agli autisti alloggi adeguati e stipendi in linea col mercato. Alcune imprese hanno addirittura scelto di rinnvoare le modalità di lavoro, consentendo agli autisti di trascorrere più tempo in famiglia, al riposo, durante la settimana lavorativa. Ma, a complicare il lavoro, non è il livello retributivo, quanto il tipo di vita che richiede.
E’ la ragione per la quale le giovani generazioni non accettano questi incarichi. Sacrifici e privazioni imposti dalla professione non la rendono appetibile. E questo crea un progressivo aumento dell’età media degli autisti europei, ormai alla soglia dei 55 anni proprio perché manca il ricambio generazionale.
Il processo sarebbe poi aggravato anche dall’abbassamento dei costi della catena di approvvigionamento effettuato dalle multinazionali. I clienti finali esigono consegne sempre più rapide e non ci sono autisti esperti in grado di gestire la domanda. Gli autisti non si trovano, nemmeno nell’Est. E, ad oggi, l’unico continente che non sta soffrendo di questa carenza è l’Africa.
In molti paesi le retribuzioni stanno aumentando ma questa misura non sembra sufficiente. Il Covid ha poi complicato ulteriormente la situazione. Spesso gli autisti si sono trovati a dover andare a caccia di bagni (chiusi) e di parcheggi (isolati) per cercare di riposare in maniera adeguata e poi riprendere il viaggio.
Se a questo si aggiunge che in Italia la professione non può contare sulle donne che si stima siano solo il 2% del totale degli autisti, probabilmente anche a causa dei livelli di sicurezza concessi dal lavoro, ben si comprende che la forza lavoro dell’autotrasporto si sta dimezzando velocemente. Malgrado un tasso di disoccupazione importante, a fronte di una carenza di circa 20 mila autisti in Italia, in circa due anni il nostro paese ha perso 130 mila patenti “C” secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile.
Cosa si potrà fare per sanare questa incresciosa situazione?