A parità di condizioni, le imprese che innovano possono conseguire aumenti di fatturato anche di 30 punti percentuali rispetto a quelle che non scelgono l'implementazione delle tecnologie digitali e che quindi rimangono ancorate ai vecchi sistemi.

“L’innovazione per l’industria italiana è un must, una questione di vita o di morte. Gli investimenti in innovazione tecnologica hanno un ruolo cruciale nel migliorare la capacità delle imprese di aumentare il valore aggiunto”.
È quanto emerso dal Rapporto Scenari industriali del Centro Studi Confindustria presentato a Roma l’8 novembre, in un seminario a cui ha preso parte anche il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda e il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia.

Analizzando la posizione dell’Italia nelle catene globali del valore, le performance aziendali e più in generale gli effetti dell’innovazione sul lavoro, ne emerge un quadro che premia l’industria che innova in prodotto e processo, sia in termini di fatturato che di produttività ed occupazione.

Secondo il rapporto, si stima che a parità di condizioni, le imprese che innovano possono conseguire aumenti di fatturato anche di 30 punti percentuali rispetto a quelle che non scelgono l’implementazione delle tecnologie digitali e che quindi rimangono ancorate ai vecchi sistemi.

Il commercio mondiale è ripartito a buoni ritmi già sul finire del 2016, nonostante il precedente biennio di debolezza. Oggi, secondo Confindustria, le attese prospettano un’espansione ulteriore del 4.1% per il 2017 e del 3.5% per il 2018. Cina e Stati Uniti guidano le classifiche con quote invariate di valore aggiunto mondiale (29.5% e 19%) e l’Italia resta stabile in settima posizione con una quota del 2.3%, appena dietro la Germania (5%).

Il recupero dell’industria italiana sta avvenendo malgrado una crescita ancora troppo debole dei prestiti alle imprese. Si evince che quindi la risalita economica è stata finora finanziata per la gran parte grazie alla ripresa della redditività delle imprese, quindi dall’autofinanziamento.
Ciò, secondo il rapporto di Confindustria, non pregiudica il fatto che il mondo industriale stia cambiando ad una velocità altissima, con una pervasività fra contesti sociali e settori, che non ha precedenti storici.

Questo salto epocale preannunciato sarà consentito dalla tecnologia, vero spartiacque tra vecchio e nuovo, che, con i suoi paradigmi tecnologici creerà ulteriori interdipendenze internazionali fra sistemi economici.
Ancora lontani da qualcosa di simile a quello che fu il miracolo economico, non si può oggi non badare all’eccezionale velocità dello sviluppo a cui stiamo assistendo. In quest’ottica, bisogna riconoscere che l’impatto della tecnologia digitale sul mondo del lavoro è fortissimo.

La digitalizzazione impone in maniera prioritaria l’elaborazione di strategie evolute ed incentrate sull’adozione immediata di nuove tecnologie, di nuovi modelli di formazione, di gestione dei saperi. Richiede l’attrazione e nuovi sistemi di incentivazione per i giovani talenti.
Gli investimenti in innovazione tecnologica avranno ed hanno già oggi un ruolo cruciale nel migliorare la capacità delle imprese ad aumentare il loro valore.

Ecco perché innovare è una questione di vita o di morte. Ecco perché è necessario implementare nuovi sistemi il prima possibile. Perché l’introduzione di innovazioni (sia di processo che di prodotto), conduce le imprese ad una migliore performance già nei tre anni successivi. Sia in termini di fatturato che di produttività e occupazione. E perché innovare è ormai un must per l’industria italiana, che crede e scommette tutto su una nuova forse prossima, vicinissima ascesa.